Ci sono parole che arrivano dritte al cuore, senza filtri.
Una cliente, dopo oltre trent’anni in una relazione, mi ha scritto:
“Mi trovo nel periodo più buio provato fino ad ora. Mi sento vuota, completamente senza vita. Sono giorni che non esco di casa, non ho voglia di prendermi cura di me. Vorrei solo farla finita, per far tacere questa sofferenza continua…”
Inizialmente, leggendo queste righe, ho sentito una stretta allo stomaco, ma, allo stesso tempo mi ha ricordato una cosa preziosa: anche nei momenti in cui tutto sembra perso, dentro ognuno di noi rimane una scintilla che non si spegne mai.
Spesso pensiamo di non avere scelta.
Restiamo imprigionati in ruoli, legami e situazioni che ci consumano, convinti che quella sia l’unica realtà possibile. Eppure, una domanda può aprire uno spiraglio.
La domanda che le ho fatto è stata:
👉 Vuoi distruggere e screare ovunque stai scegliendo di stare male, di essere vittima, di essere la sua vittima?
Una domanda semplice, senza risposta predefinita. Perché non esiste una risposta giusta, ma solo la possibilità di iniziare a vedere oltre la gabbia che ci costruiamo.
La verità è che siamo molto più grandi della nostra sofferenza.
Anche quando ci sentiamo nel “vuoto pneumatico”, il vuoto non è mai davvero vuoto: può essere lo spazio in cui far nascere qualcosa di nuovo, più autentico, più vicino a noi stessi.
Quanta magia ed espansione possiamo creare scegliendo di essere noi stessi, invece che restare intrappolati nel dolore?
Non è facile, non è immediato, ma tutto parte da una decisione interiore: smettere di essere vittima.
E se oggi non sai ancora come fare, puoi iniziare con un piccolo passo: farti una domanda.
Perché una domanda non ti dà una risposta, ma ti apre a possibilità infinite.
✨ Se senti che è il tuo momento di lasciare andare i pesi e aprirti a nuove possibilità, scrivimi per un appuntamento. Sarò felice di accoglierti nel mio studio Benessere e Relax – Il massaggio di Silvia.
Qui puoi ritrovare spazio, leggerezza e nuove domande che ti accompagnano verso te stessa.
Giulia si sedette sul mio divano. Il suo corpo rassegnato, spalle ricurve, sguardo vacuo puntato verso il basso.
Non ricordava l’ultima volta in cui aveva davvero respirato a pieni polmoni.
Non che le mancasse l’aria… ma da tempo le sembrava che il fiato le restasse in superficie, intrappolato tra gola e petto.
Più passava il tempo e più si sentiva stretta, limitata, inscatolata.
Comincia a raccontarsi.
Ogni giorno si alzava, indossava il suo sorriso “di circostanza” e andava avanti.
Era diventata brava a muoversi nella vita con il pilota automatico: lavoro, spesa, casa .. era come se il corpo e le gesta andassero da sé, senza la presenza del suo essere.
Nessuno vedeva davvero cosa accadeva dietro quella finestra invisibile, appannata dalla stanchezza, dalle paure, dalle maschere.
Le paure erano tante.
Alcune le conosceva bene — la paura di sbagliare, di essere giudicata, di non essere abbastanza — altre erano più sottili, solo percettibili, come ombre che scivolavano dentro di lei senza una precisa identità.
Ogni caduta sembrava più difficile della precedente, e ogni volta si rialzava con un po’ meno slancio, un po’ meno fiducia.
Poi, una sera, dopo l’ennesima giornata “di corsa” senza arrivare da nessuna parte, sentì un bisogno inspiegabile di fermarsi.
Non voleva parlare con nessuno, non voleva consigli, non voleva spiegare.
Voleva solo silenzio. Voleva solo stare.
Si sedette a terra, nel suo soggiorno, sul suo tappeto morbido ma allo stesso tempo scomodo e, scrollando distrattamente sul cellulare, quasi per caso, vide un mio annuncio e qualcosa la ispirò a venire da me, nel mio studio.
Il profumo leggero di oli essenziali la avvolse, e un lettino da massaggi posato al centro della stanza, sembrava invitarla a lasciarsi andare.
Mi guardò ed io la invitai ad accomodarsi.
Tutto era avvolto da una luce calda ed accogliente.
Cominciai a prendere contatto con lei, con le sue ferite, i suoi dolori, mentre le mie mani le sfioravano leggere la testa, come se accarezzassero fili invisibili ricchi di tensione.
Non capiva bene cosa stesse succedendo, ma dentro di lei qualcosa si stava allentando, si stava liberando, si stava muovendo.
Come se un mucchio di fili annodati da anni trovassero, uno dopo l’altro, il modo di sciogliersi e ritrovare la loro posizione.
All’inizio i pensieri correvano veloci poi, pian piano, si fecero più lenti.
Non era magia nel senso spettacolare… ma era magia nel senso più intimo e reale: un corpo che finalmente si concede di mollare la presa, di abbassare le barriere e di ricevere.
Nei giorni successivi al trattamento, iniziò a notare piccoli cambiamenti.
Il traffico non la irritava più come prima.
I problemi le sembravano meno enormi, come se il vetro della sua finestra interiore fosse stato ripulito, lasciandole vedere i colori che prima non notava.
Riusciva finalmente a percepire infinite possibilità di condurre la sua vita. Percepiva maggiore leggerezza e serenità, come se dentro di lei sapesse per certo che tutto sarebbe andato esattamente nel verso giusto.
Un giorno, mentre guardava un tramonto dalla sua camera, pensò:
“Quanto di tutto quello che c’era prima non era nemmeno mio?”
E quasi senza pensarci, aggiunse:
“Cos’altro è possibile che non ho ancora considerato?”
Era come se quelle domande — semplici ma potentissime — le avessero aperto uno spazio nuovo dentro di sé.
Non doveva avere tutte le risposte subito.
Bastava sapere che le possibilità esistevano, anche quando sembrava che non ci fossero.
Giulia cominciò a regalarsi momenti di cura.
Non erano “coccole” superficiali, ma veri e propri incontri con sé stessa.
Ogni volta che tornava da me ed entrava in quella stanza, sul lettino, con quella sensazione di calore e leggerezza, sentiva di ritrovare un pezzo di sé.
Era come aprire una finestra e far entrare aria fresca dopo anni di chiuso.
Oggi, quando cade, sa che può rialzarsi più velocemente.
Quando una paura arriva, la osserva senza farla diventare un mostro.
E quando il mondo sembra distorto, si concede un momento per rimettere a fuoco, perché ha scoperto che la vita, non è fatta per essere guardata da dietro un vetro… ma per essere vissuta a volto scoperto.
E se anche tu senti che il vetro davanti a te si è appannato, c’è sempre una stanza pronta ad accoglierti, mani pronte a ricordare al tuo corpo che può lasciar andare e uno spazio sicuro dove ritrovare respiro e prospettiva.
“Guarire non è aggiustarsi. È riconoscere chi siamo, sotto tutto ciò che ci è stato detto di essere.”
Ci sono momenti nella vita in cui senti che non puoi più scappare.
Dove le ferite bussano, urlano, creano forti lotte interiori chiedendo a gran voce di essere viste ed ascoltate.
Arrivano senza tatto, con dolore, con rabbia, con stanchezza.
E tu rimani lì, sentendoti impotente ed in balia di questo evento chiedendoti: “Ancora? Non avevo già lavorato su questo?”
Quanta parte di te stai evitando di vedere? E se fosse proprio lì la tua potenza?
Guarirsi richiede coraggio, presenza, e sì… anche quel famoso “pelo sullo stomaco”.
Perché guardare in faccia le proprie ombre, restare anche quando tutto dentro urla “fuggi”, scegliere di sentire anche quando fa talmente male da voler fuggire, è un atto d’amore sacro verso se stessi.
Qual è la bugia che stai mantenendo viva per non essere te stessə in totalità?
Eppure, se ti fermi, se ascolti, se permetti all’energia di mostrarti un’altra strada…
tutto può iniziare a guardare oltre.
Non servono drammi ma solo la disponibilità a scegliere.
Scegliere di vedere cos’altro è possibile, scegliere di prendere strade inesplorate con fiducia, sentendo che possono donare nutrimento alla tua essenza ed alla tua esistenza.
È comodo raccontarsi storie.
Storie atte a giustificarci sul perché siamo fatti così, sul perché agiamo in una data maniera, storie su cosa ci è successo, su cosa ci manca, su chi ci ha feriti.
È comodo, perché è ciò che più si avvicina alla nostra storia, al nostro bagaglio, al conosciuto.
Ma ogni storia che ripetiamo è anche una gabbia dorata.
Ci distoglie dalla nostra vera essenza, dal nostro potere personale di creazione, dalla guarigione profonda che nasce solo nel silenzio della presenza.
Quante storie stai usando per non accedere alla verità di ciò che sei?
La guarigione, come la vita, non è lineare.
È un sentiero, ricco di sali e scendi, strade spianate, a volte ricche di diramazioni tra cui scegliere.
Il corpo lo sa.
L’anima lo sa.
La tua parte più vera sta solo aspettando che tu dica: “Sì, sono prontə a ricevere e ricevermi. Anche così. Anche ora.”
Quale energia, spazio, consapevolezza, scelta, magia, miracoli, misteri e possibilità potete essere tu e il tuo corpo per guarire con totale facilità, leggerezza, gioia e gloria?
E se guarire fosse anche ridere di sé?
Lasciare andare il controllo, il senso di colpa, la ricerca del perché?
Come sarebbe farlo già da ora?
Il coraggio di guarirsi non è nella forza, ma nella scelta.
Di smettere di giudicare chi siamo e ciò che facciamo.
Scegli di ricevere la vita, la tua energia, il tuo cammino… anche se ancora non hai chiarezza.
Anche se ancora non sai da dove cominciare.
Tu sei già abbastanza.
Fai il primo passo scegliendo di ripartire da te. Posso guidarti nel trasformarti in ciò che sei veramente.
Nessun cambiamento è possibile finché non sei consapevole di ciò che vuoi trasformare. Tutto parte da ciò che senti nel corpo, non da quello che vedi con la mente.
Un’esperienza, un viaggio, un profumo… tutto ciò che vivi, ti dà una direzione sempre più chiara, di andare verso ciò che per te è leggero.
Come capirlo?
Ti racconto una storia…
Poche settimane fa mi è arrivata la proposta di partecipare a una settimana in barca a vela.
Percepisco già i vostri pensieri:”Wow che figo! Magari potessi io!”
Sarò onesta.. (come sempre d’altronde :P) Anch’io ho sentito subito nel corpo un gran entusiasmo ma, dietro a questo, percepivo qualcosa che strideva.
Ho impiegato un po’ a capirlo, poi mi sono ricordata: l’anno scorso avevo partecipato a un’escursione giornaliera via mare nel Parco Naturale di Ras Mohamed.
L’esperienza in sé è stata bellissima e appagante, ma la nausea che ho avuto fino al giorno dopo è stata parecchio scomoda.
È lì che ho capito!
Il mio corpo era entusiasta di vivere per la prima volta un’esperienza in barca a vela, ma non per una settimana intera. Due giorni sarebbero stati sufficienti.
Capite cosa voglio trasmettervi?
L’esperienza è tutto.
La bussola che ti orienta verso ciò che vuoi – e che è leggero per te – si affina solo scegliendo.
Scegliendo consapevolmente di fare un’esperienza piuttosto che un’altra.
Siate folli, non mediocri!
Decidete voi per la vostra vita!
Non aspettate che siano gli altri a spingervi dove loro vogliono che andiate!
Liberatevi dalle strutture interne che vi tengono prigionieri e cominciate a costruire le vostre!
Ed ora chiedetevi:
• Qual è la verità che il mio corpo mi sta mostrando, che finora ho fatto finta di non sentire?
• Quanto sto cercando di adattarmi a ciò che sembra giusto, invece di scegliere ciò che è vero per me?
Non devi aspettare che sia tutto perfetto. Ti basta un primo passo.
E quel passo… il corpo lo sa già.
Ed è compiendo quel primo movimento verso un qualcosa, che inizi a creare la tua vita.
Vi siete mai chiesti cosa c’è realmente dietro alla sensazione di impotenza?
Quante emozioni si celano dietro?
E sopratutto … cosa ci insegnano?
Ora vi racconto una storia.
C’era una volta una giovane ragazza.
Piena di vita, innamorata di tutto, intraprendente.
Ogni cosa che decideva di fare le veniva con pizzi e merletti da tanto bene che creava nella vita! Aveva sempre tutto sotto controllo.
Un giorno, lei ed il suo caro e tanto amato fidanzato, decidono di convogliare a nozze.
Cominciano i preparativi, sposi e genitori in fermento, prove vestito, scelta ristoranti ecc
Tutto era splendido.
I futuri sposi riuscivano a godersi ogni attimo senza demandare a nessuno alcunché.
Tutto filava liscio, se non che, 2 – 3 mesi prima del fatidico sì, alla sposa, cominciamo ad arrivarle tutta una serie di “segnali” che le stavano letteralmente dicendo “ferma! Non sposarti ora!”
La ragazza all’inizio non aveva chiarezza in questo. Poco più che ventenne, andava avanti con la grinta di sempre, senza curarsi delle cose che leggeva o sentiva attorno a lei: titoli di giornale “aumentata la percentuale di divorzi!”, gente che parlava per strada e diceva “sai, Tizio mi ha proposto di sposarlo ma io non sono sicura di accettare” o ancora la banca che ritardava a completare la richiesta di mutuo. Insomma, tutto attorno a lei, cominciava a urlare sempre più forte.
Una mattina, si reca come sempre al lavoro, il responsabile la chiama in ufficio e le comunica che per ristrutturazione aziendale devono diminuire il personale e, una delle persone alle quali ha chiesto di dimettersi .. indovinate un po’? Era lei … il tutto, mentre la banca ancora non aveva dato l’ok per il mutuo e le nozze si avvicinavano sempre di più.
Disperata, con addosso una sensazione di grandissima impotenza e con questa forte pressione dettata dagli eventi, non demorde e continua imperterrita verso il suo obiettivo: il matrimonio.
A 5 settimane dalle nozze, si trova un altro nonché bellissimo lavoro … è super entusiasta tanto da ringraziare il licenziamento precedente. Comincia immediatamente e, il venerdì della prima settimana, tornando a casa in scooter, un’auto le taglia la strada.
La ragazza, a 4 settimane dalle nozze, cade rovinosamente a terra, si rompe un dito della mano (no, non era l’anulare se lo volete sapere 😂😂 era il medio), perde conoscenza a causa di un trauma cranico con annesse contusioni in tutto il corpo.
Viene soccorsa, portata in ospedale, ricoverata in osservazione, le mettono il gesso e .. indovinate un po’?
Ci prova a parlare con il fidanzato per posticipare il matrimonio, ma ormai è troppo tardi per annullare tutto .. “come facciamo con tutti gli invitati! Il ristorante! E tutto il resto!” – risponde lui …
Lei è li, dolorante, in un letto di ospedale .. lo guarda con un misto di sconforto, amore, gioia, dolore ed impotenza verso la somma degli eventi che uno dopo l’altro, l’avevano “investita”.
Finite le visite, rimanendo sola nella sua camera d’ospedale, comincia a percepire un senso di leggerezza, di corpo che “finalmente sciolto”, la testa senza pensieri (e no carə lettore/lettrice … non erano gli antidolorifici)
È emerso dentro di lei il “ok, così sia”
E dopo una lunga dormita ristoratrice, il giorno dopo, alla visita di controllo, guarda il medico e gli dice: “Ok, io tra meno di 1 mese devo arrivare all’altare come se l’incidente non fosse avvenuto! .. il medico la guarda, sorride e le risponde “sarai una sposa meravigliosa e .. possibilmente senza gesso :P”
E poi?
Alla fine .. beh .. alla fine una mattina di 4 settimane più tardi, una meravigliosa ragazza, indossó il suo meraviglioso abito da sposa, scese le scale di casa, attraversó il cortile, per salire su una meravigliosa carrozza, guidata da un cocchiere con un vestito color crema e la cravatta rosa antico e si diresse verso la Chiesa.
Li, ad attenderla, c’era il suo sposo, circondato da una fiumara di gente .. lui le consegnó un meraviglioso bouquet di fiori, la bació dolcemente sulla guancia e varcarono assieme la navata, seguiti da tutti gli invitati.
Quindi? … cos’è davvero l’impotenza?
Im-potenza deriva dal latino: “im = non” “potentia = potes = potere) quindi … assenza di potere.
Spesso la scambiamo per debolezza. La viviamo come fallimento. Ma se la guardassimo da un’altra angolazione, potremmo scoprire che è un invito.
Un invito a fermarci, ad ascoltare, a mollare la presa sul controllo.
L’impotenza non è assenza di potere, è solo l’esperienza di un potere che vuole emergere in modo nuovo, diverso da quello che ci aspettavamo.
Dietro ogni sensazione di impotenza si cela un universo di emozioni represse: frustrazione, paura, vergogna, senso di colpa, senso del dovere.
È come stare in una scatola. Una scatola costruita nel tempo, fatta di aspettative, giudizi e ruoli da rispettare. Ci muoviamo al suo interno cercando l’aria, ma non ci accorgiamo che siamo noi a tenerla chiusa.
Eppure… se lasciassimo andare?
Se ci concedessimo il permesso di non dover capire tutto, di non dover risolvere tutto subito, di non dover “salvare le apparenze”?
In quello spazio nasce la magia.
La resa.
La vera potenza.
Mollare gli ormeggi talvolta è l’unico modo per tornare a casa.
In TE.
In quel luogo interiore dove ogni cosa trova il suo posto, anche le emozioni più scomode.
In quello stato che chiamiamo allowance – quando non resisti più, quando lasci essere ciò che è.
E allora sì: l’impotenza si trasforma.
Diventa una soglia.
Un passaggio.
Un portale verso qualcosa di più grande: te stessə, finalmente liberə di espanderti.
Così citava Shakespeare nel lontano Seicento, nella sua opera forse più celebre, Amleto.
Una domanda esistenziale, cruda, universale.
Una domanda che mi è esplosa dentro come un piccolo Big Bang, una mattina, guardandomi allo specchio e non sapendo se stavo cercando il mio riflesso… o il giudizio altrui.
Ma oggi, in un mondo fatto di stories, filtri e aspettative…
la vera domanda forse è:
essere, non essere o apparire?
Attenzione: non che prima non esistesse la realtà dell’apparenza.Anche in passato il mondo era pieno di maschere.
Il “vestito bello della domenica” per andare in chiesa, per poi bestemmiare appena passato l’angolo.
Ma oggi è diverso.
Viviamo in un tempo in cui ti fanno credere che mostrarsi sia più importante che essere.
In cui ci si perde facilmente tra ciò che si sente, ciò che si dovrebbe sentire… e ciò che secondo gli altri si deve mostrare all’esterno.
Questa non è libertà.
È una prigione invisibile, travestita da approvazione.
Una gabbia elegante costruita col bisogno di riconoscimento, di conferme esterne.
Ciò che siamo finisce in fondo alla classifica.
Schiacciato sotto il bisogno di apparire, di essere visti, riconosciuti, etichettati come “abbastanza”.
Il “non essere” è spesso una scelta inconsapevole. Ci si adatta per paura di essere rifiutati. Per non perdere qualcuno. Per sentirsi accettati.
È la rinuncia a te stesso per diventare quello che serve, quello che gli altri vogliono.
Ma vivere senza brillare, in una costante insoddisfazione, con una frustrazione che si insinua ovunque…si chiama sopravvivere.
Soccombere agli eventi.
E l’apparire?
Più ti identifichi con l’immagine, più ti allontani da chi sei.
Ti perdi.
Chi sei senza quell’apparenza?
Qual è la tua vera essenza?
Essere è un atto rivoluzionario. È scegliere te stessə anche quando il mondo vorrebbe che fossi altro. Ed è qui che risiede la vera potenza.
Perché l’essere autentico emana vibrazioni di gioia e crescita,chiama energia, felicità, gloria.
Essere è potere autentico.
Apparire invece emana insicurezza, vuoto, stallo, timore, dipendenza.
Ora chiediti:
“Chi sono io quando nessuno mi guarda?”
“Chi sarei senza la voce di mia madre, del mio ex, del mio capo, degli altri… nella mia testa?”
✨ Sii te stesso. E crea la tua realtà partendo da qui, dove comincia la tua libertà.
Ti sei mai chiesto se quello che percepisci è vero o solo il riflesso di un condizionamento invisibile? Ti sei mai chiesto nella vita, cos’è vero per te?
Lo ricordo come fosse ieri .. avevo forse 8 o 9 anni. Ero con gli amici a giocare in piscina.
Stavo bene, il sole mi scaldava la pelle, mentre l’acqua mi regalava una bellissima sensazione di fresco. Facevo capriole, tuffi, era tutto così leggero, espansivo, naturale.
Ad un certo punto ha cominciato ad instillarsi in me una sensazione di angoscia, paura di non riuscire più a respirare, paura di ammalarmi, tanto che sono dovuta uscire dall’acqua e mettermi seduta sull’asciugamano.
Lì vicino a me c’era mia madre che mi ha guardata e mi ha detto: “Meno male che sei uscita da sola! Stavo per dirti di venire fuori dall’acqua … lo sai che se ci stai troppo a lungo prendi freddo e poi ti ammali!!! Domani devi andare al mare! Devi stare bene !!
E in quel momento realizzai cos’era successo.
Era lampante … io mi trovavo nel divertimento e nella leggerezza più totale, sentivo il corpo in sintonia con il tutto. D’improvviso ho cominciato a percepire lo stato d’animo di mia madre e tutta la poesia è finita.
E quindi?
Di chi sono le sensazioni che percepisci dentro di te e nel corpo? Sono tue o di qualcun altro?
E se tutto fosse solo un’illusione?
Per non parlare delle credenze e le convinzioni limitanti che sembrano verità assolute!
Le famose “voci interiori” che ti tieni tanto strette, derivano dall’esterno, dalla famiglia, dalla società, da chi ti ha educato e circondato. Ma appena raggiungi la consapevolezza che invece tu sei e puoi scegliere altro, il castello di carte cade.
Cos’altro è possibile ora?
Sintonizzarsi sul corpo e partire da esso è il primo passo.
Il corpo non mente.
Mentre la mente può costruire storie, giustificazioni, maschere per compiacere o adattarsi, il corpo esprime in modo diretto ciò che è vero per noi — anche quando non vogliamo vederlo.
Ogni volta che ti costringi a essere ciò che non sei, il corpo si fa sentire.
Un nodo allo stomaco, un peso al petto, un prurito insistente, un’infiammazione ricorrente … sono segnali di qualcosa che stai trattenendo, reprimendo, ignorando.
Spesso quelle verità taciute sono intuizioni, volontà che ti appartengono, ma che non ti hanno educato ad ascoltare.
E da dove potresti cominciare?
Attraverso il massaggio e il tocco consapevole, accompagno le persone a riconnettersi con la verità del proprio corpo.
La tensione che si scioglie non è solo muscolare, ma anche emotiva, mentale, energetica.
È come se il corpo potesse finalmente parlarti e dirti “Grazie. Finalmente mi stai ascoltando e ti stai prendendo cura di me.”
Nel rilassamento profondo, le illusioni cadono: non sei più la persona che deve sempre dimostrare qualcosa, che deve essere forte, che non può fermarsi.
Torni a essere presenza. Torni a te. Torni a ciò che è reale ora, senza dover spiegare, fare o capire.
È da questo sentire, che puoi iniziare una trasformazione vera.
Molte delle scelte che fai, delle paure che senti, dei limiti che ti bloccano, non nascono da te.
Spesso vivi seguendo copioni invisibili tramandati da generazioni: aspettative, doveri, ruoli, silenzi, colpe che non ti appartengono.
Quando questo viene riconosciuto, qualcosa si apre e finalmente puoi dire: “Grazie, ma io ora scelgo altro.”
Puoi iniziare a vivere la tua realtà, non quella di qualcun altro.
Cos’è reale per te, adesso?
La realtà non è qualcosa di fisso o definitivo. È una scelta continua.
Quando cambi punto di vista, cambia la percezione. E con essa cambia la tua realtà.
Io lo vedo ogni giorno nel mio lavoro: quando una persona si concede di vedere davvero — di sentire nel corpo, di ascoltare senza giudizio, di liberarsi dalle voci esterne — allora la sua realtà cambia perché ha tolto i veli.
E quindi…
👉 E se tutto quello che hai sempre creduto fosse solo un’illusione?
Quante volte hai vissuto un momento di vuoto e percepito quel senso di smarrimento, di rumore assordante, dove tutto sembra fermarsi, senza nessuna direzione chiara, dove tutto sembra impossibile, dove cerchi incessantemente risposte ai perché che puntualmente non arrivano?
E se invece cominciassi a percepire quel vuoto come un’opportunità?
In Access Consciousness diciamo spesso che ogni volta che lasci andare qualcosa – un’identità, una relazione, un ruolo, una convinzione – si crea spazio.
Uno spazio che il tuo mondo, la tua mente, il tuo corpo, non sempre sanno subito come abitare.
E cosa accade?
Accade che puntualmente, cerchiamo di riempire quel vuoto il più in fretta possibile, con pensieri assillanti, cibo, droghe, giudizi, distrazioni, conclusioni, punti di vista limitanti, perché ci spaventa e non lo vogliamo vedere né sentire.
“Cosa ho sbagliato?” “Ma perché a me?” “Cosa c’è che non va?” “E se avessi detto/fatto diversamente, cosa sarebbe accaduto?”
E se invece quel vuoto fosse semplicemente spazio per Te? Uno Spazio per scoprire chi sei ora dove lasciare emergere qualcosa di totalmente nuovo?
Spazio per ricevere. Spazio per essere
🌌 Quale possibilità si sta aprendo per te che non hai ancora considerato?
✨ Quanta bellezza può emergere quando smetti di riempire tutto con il conosciuto?
Il vuoto non è una fine, una mancanza o un errore. il vuoto è una soglia da varcare per donarti nuovi aspetti di te che ancora non avevi considerato.
È una porta che divide ciò che eri da ciò che potresti essere.
So che a volte può fa paura, perché non vedi ancora nulla da afferrare. Nessuna definizione. Nessun controllo. Solo ignoto. Ma è proprio in questo ignoto che albergano infinite possibilità.
E se iniziassi a onorare quei momenti di vuoto come momenti sacri?
Come il respiro prima del salto.
E se fosse ora il momento per donarti quell’esplorazione che tu ed il tuo corpo volete così ardentemente per riallinearvi alla vostra immensa grandezza?
🎧 Vuoi esplorare questo spazio con maggiore leggerezza e chiarezza?
Fai una domanda e poi? Ascolti davvero la risposta?”
Hai mai notato che la maggior parte delle persone ti fa domande, ma non ascolta realmente la risposta? La sente si, ma tra “sentire” ed “ascoltare” c’è un abisso.
Ogni tanto verrebbe da pensare di essere circondati da persone che vivono di automatismi, da disinteressati.
Ma la verità è forse ancora più sottile: le persone non sono davvero presenti, e quindi non sono nemmeno davvero interessate a sentire la tua risposta.
Quante volte ti è successo?
Ti chiedono “Come stai?” e mentre inizi a rispondere, l’altro guarda il telefono, cambia argomento o inizia a parlarti di sé. Ti lascia con quella sensazione fastidiosa: perché chiedere, se poi non ascolti?
Perché facciamo domande senza ascoltare?
Nel nostro mondo frenetico, fare domande è diventato un gesto automatico.
È una forma di cortesia, un’abitudine. Ma ascoltare… ascoltare richiede tempo, presenza, attenzione.
E questo spesso manca.
E non manca solo verso gli altri, ma anche verso se stessi: meglio silenziare il proprio sentire e credere che così facendo, si possa evitare di soffrire, piuttosto che riconoscere dove meritiamo più amore ed attenzione.
Spesso le persone sono distratte, stanche, sovraccariche di stimoli. Fanno la domanda giusta per educazione, ma sono già con la mente altrove. Non perché siano cattive. Perché sono scollegate da sé stesse. E quando non siamo connessi a noi, difficilmente possiamo esserlo con gli altri.
Quando non veniamo ascoltati, ci sentiamo invisibili non visti, non accolti e questo, giorno dopo giorno, erode le relazioni, abbassa la fiducia, crea distanza. Ci si chiude, si smette di condividere. Si smette di fidarsi.
Eppure, tutti noi desideriamo essere ascoltati. Tutti vogliamo essere capiti, anche solo un po’ ma, di contro, la paura di scoprirci ed ascoltarci, ci avvicina di più a situazioni mediocri e superficiali.
L’ascolto vero è una rivoluzione silenziosa, rara. È una forma d’amore oltre che una forma di presenza profonda.
Ascoltare davvero significa guardare negli occhi. Fare silenzio dentro di sé. Non interrompere, ascoltare per capire non solo per rispondere, evitare di fare deduzioni o proiezioni sull’altro. Esserci, semplicemente senza voler “aggiustare” l’altro.
L’ascolto attivo è questo: presenza, empatia, accoglienza.
Detto questo, cosa possiamo fare per migliorare questo aspetto di noi?
Possiamo essere quella persona che ascolta davvero. Quella che, quando chiede “Come stai?”, si ferma. Respira. Ascolta.
Ascoltare è un atto piccolo, ma potente. Porta guarigione. Crea connessione. Fa sentire l’altro importante, visto, vivo, accolto, protetto.
La prossima volta che fai una domanda, fermati un istante. Lascia il telefono. Respira. Guarda la persona che hai di fronte, dritta negli occhi, osserva le sue espressioni, il tono di voce, come si muove e tutto ciò che va oltre le parole.
Potresti essere l’unica persona che oggi, l’ha ascoltata davvero.
Oggi voglio dedicare due righe a tutte quelle persone che hanno perso il contatto con se stessi e non solo, a chi vive nella paura di sentirsi smarrito, a chi si sente sconnesso dalla propria essenza.
Buona lettura ❤️
Non mi hai persa
Non mi hai persa
Mi trovi lì, nel mondo che ancora non hai avuto il coraggio di esplorare. Nel luogo in cui le cose cambiano davvero.
Mi trovi lì, oltre le ferite che fatichi a vedere, oltre i sogni lasciati indietro per paura di soffrire ancora.
Mi trovi lì, tra i battiti sospesi del cuore, tra le parole mai dette per troppo amore. Li dove le parole si scelgono, dove le paure si sciolgono, dove le lacrime scendono anche per la gioia — quella vera, quella che nasce dal cuore.
Mi trovi lì, dove tutto è più chiaro, più leggero, più sentito, più profondo.
Non mi hai persa.
Sono oltre le barriere che hai costruito, oltre le illusioni, le promesse infrante, le delusioni taciute, le occasioni mancate.
Mi trovi lì, dietro a parole mai dette, agli abbracci mancati, ai “vorrei ma non posso”.
Sono qui, subito dietro a questo silenzio assordante.
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