Una finestra sulla vita, la tua vita ❤️

Giulia si sedette sul mio divano. Il suo corpo rassegnato, spalle ricurve, sguardo vacuo puntato verso il basso.

Non ricordava l’ultima volta in cui aveva davvero respirato a pieni polmoni.

Non che le mancasse l’aria… ma da tempo le sembrava che il fiato le restasse in superficie, intrappolato tra gola e petto.

Più passava il tempo e più si sentiva stretta, limitata, inscatolata.

Comincia a raccontarsi.

Ogni giorno si alzava, indossava il suo sorriso “di circostanza” e andava avanti.

Era diventata brava a muoversi nella vita con il pilota automatico: lavoro, spesa, casa .. era come se il corpo e le gesta andassero da sé, senza la presenza del suo essere.

Nessuno vedeva davvero cosa accadeva dietro quella finestra invisibile, appannata dalla stanchezza, dalle paure, dalle maschere.

Le paure erano tante.

Alcune le conosceva bene — la paura di sbagliare, di essere giudicata, di non essere abbastanza — altre erano più sottili, solo percettibili, come ombre che scivolavano dentro di lei senza una precisa identità.

Ogni caduta sembrava più difficile della precedente, e ogni volta si rialzava con un po’ meno slancio, un po’ meno fiducia.

Poi, una sera, dopo l’ennesima giornata “di corsa” senza arrivare da nessuna parte, sentì un bisogno inspiegabile di fermarsi.

Non voleva parlare con nessuno, non voleva consigli, non voleva spiegare.

Voleva solo silenzio. Voleva solo stare.

Si sedette a terra, nel suo soggiorno, sul suo tappeto morbido ma allo stesso tempo scomodo e, scrollando distrattamente sul cellulare, quasi per caso, vide un mio annuncio e qualcosa la ispirò a venire da me, nel mio studio.

Il profumo leggero di oli essenziali la avvolse, e un lettino da massaggi posato al centro della stanza, sembrava invitarla a lasciarsi andare.

Mi guardò ed io la invitai ad accomodarsi.

Tutto era avvolto da una luce calda ed accogliente.

Cominciai a prendere contatto con lei, con le sue ferite, i suoi dolori, mentre le mie mani le sfioravano leggere la testa, come se accarezzassero fili invisibili ricchi di tensione.

Non capiva bene cosa stesse succedendo, ma dentro di lei qualcosa si stava allentando, si stava liberando, si stava muovendo.

Come se un mucchio di fili annodati da anni trovassero, uno dopo l’altro, il modo di sciogliersi e ritrovare la loro posizione.

All’inizio i pensieri correvano veloci poi, pian piano, si fecero più lenti.

Non era magia nel senso spettacolare… ma era magia nel senso più intimo e reale: un corpo che finalmente si concede di mollare la presa, di abbassare le barriere e di ricevere.

Nei giorni successivi al trattamento, iniziò a notare piccoli cambiamenti.

Il traffico non la irritava più come prima.

I problemi le sembravano meno enormi, come se il vetro della sua finestra interiore fosse stato ripulito, lasciandole vedere i colori che prima non notava.

Riusciva finalmente a percepire infinite possibilità di condurre la sua vita. Percepiva maggiore leggerezza e serenità, come se dentro di lei sapesse per certo che tutto sarebbe andato esattamente nel verso giusto.

Un giorno, mentre guardava un tramonto dalla sua camera, pensò:

“Quanto di tutto quello che c’era prima non era nemmeno mio?”

E quasi senza pensarci, aggiunse:

“Cos’altro è possibile che non ho ancora considerato?”

Era come se quelle domande — semplici ma potentissime — le avessero aperto uno spazio nuovo dentro di sé.

Non doveva avere tutte le risposte subito.

Bastava sapere che le possibilità esistevano, anche quando sembrava che non ci fossero.

Giulia cominciò a regalarsi momenti di cura.

Non erano “coccole” superficiali, ma veri e propri incontri con sé stessa.

Ogni volta che tornava da me ed entrava in quella stanza, sul lettino, con quella sensazione di calore e leggerezza, sentiva di ritrovare un pezzo di sé.

Era come aprire una finestra e far entrare aria fresca dopo anni di chiuso.

Oggi, quando cade, sa che può rialzarsi più velocemente.

Quando una paura arriva, la osserva senza farla diventare un mostro.

E quando il mondo sembra distorto, si concede un momento per rimettere a fuoco, perché ha scoperto che la vita, non è fatta per essere guardata da dietro un vetro… ma per essere vissuta a volto scoperto.

E se anche tu senti che il vetro davanti a te si è appannato, c’è sempre una stanza pronta ad accoglierti, mani pronte a ricordare al tuo corpo che può lasciar andare e uno spazio sicuro dove ritrovare respiro e prospettiva.

Ti aspetto in quel luogo, nel mio studio

Con gratitudine

Silvia